Via Sancti Romualdi 2021
RAVENNA Rocca Brancaleone, ore 21.30
In memoria di M. Salvagiani (1930-2019)
Flavio Caroli storico dell’arte moderna e contemporanea
introduce Giorgio Gualdrini
Come in letteratura c’è un “prima” e un “dopo” Dante, così in pittura c’è un “prima” e un “dopo” Giotto. Nel canto XI del Purgatorio il poeta scrisse questa celebre terzina “Credette Cimabue nella pittura tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, sì che la fama di colui è scura”. Che la sua eredità fosse destinata a superare quella di qualunque altro pittore lo testimoniò, un secolo dopo, anche Cennino Cennini. Nel suo famoso Libro dell’arte questo pittore e trattatista volle infatti sottolineare che “Giotto rimutò l’arte del dipingere di greco in latino e ridusse al moderno”. Il termine “moderno” deriva dall’avverbio latino “modo”, che significa “poco fa”; ma la modernità di Dante e di Giotto non si consumò in fretta. Durò tanto a lungo da autorizzarci a dire che la loro arte è ancora a noi “contemporanea”.